Titolo: Introducing Gristol Mind
Di: Peter McConnel
Tratto da: Psychonauts 2 Original Soundtrack
Questo testo è estratto dall’episodio A | la colonna sonora di Psychonauts 2 pubblicato il 14 marzo 2022 su tutte le principali piattaforme di podcast.
Mi chiamo Jonathan, sto registrando questo episodio nel 2022 e mai avrei pensato di potermi ritrovare in una situazione così strana come questa. Questo brano è palesemente simile è una versione distorta di un inno nazionale, un ricordo di grandezza, un eco di quello che un tempo era una grande brano pomposo e solenne… ed è musicalmente molto, molto simil sovietico o ex URSS… e il brividino che mi viene non è ovviamente legato a questa sua caratteristica ma è relativo alle dinamiche che stanno dietro a questo inno e a questa sua versione claudicante, ferita e risentita.
Parliamo di una guerra.
Parliamo di un personaggio che ha sbroccato.
Parliamo di un ragazzo che è passato in un attimo dall’avere tutto al non avere più nulla, genitori compresi.
Parliamo di un ragazzo che per anni ha provato rabbia e risentimento.
Parliamo di un ragazzo che si è costruito un’idea distorta del suo grande e vecchio impero.
Parliamo ormai di un uomo che è disposto a tutto pur di far ritornare il suo vecchio paese ai grandi e gloriosi fasti di un tempo.
Come potrebbe quindi essere rappresentata la mente di un folle fanatico dei fasti di un tempo? Beh, come un grande museo in grado di raccontare il suo punto di vista della grande nazione in cui viveva pieno di zeppo di propaganda, musica inclusa.
Grulovia
Ricordo che rimasi semplicemente a bocca aperta nel giocare questa sezione. Il momento nel quale viene riprodotta questa prima parte del brano accompagna una sezione guidata di gioco che richiama tantissimo le mostre da lunapark americane. Quei posti dove ti siedi sul carrellino e mentre ti muovi sul percorso puoi vedere i cimeli, ascoltare le storie e bla bla bla. Tipo il coso dei pirati a Gardaland ma con intenti chiaramente propagandistici.
È la seconda volta che gioco una sezione ambientata in un museo propagandistico. La prima volta è stata in Bioshock Infinite, il capolavoro di Ken Levine, dove la storia di Padre Comstock è accompagnata da alcuni brani del Requiem di Mozart e, se li rimasi esterrefatto dalla potenza comunicativa che può risiedere nei videogiochi, questo cervello di Psychonauts 2 mi ha profondamente colpito e lo ha fatto proprio in virtù della colonna sonora che qui è protagonista indiscussa.
Primo fattore: questa sezione è profondamente inquietante. Lo è non per scelte di regia o di design, non c’è nulla che di quello che puoi guardare che ti porta a provare un senso di disagio, in fin dei conti è un museo dove viene narrata la storia di questo strano personaggio… la parte inquietante è il dialogo tra musica e immagine.
Ci troviamo alla presenza di una canzone per bambini che narra una versione distorta di fatti drammatici. E tu, che guidi Razputin, non solo sei un bambino che si ritrova all’interno di questo cervello ma sei anche tu originario di quel paese. Sei un suo connazionale. E sentire le parole «Terra di Abbondanza, Terra di Amore / La nostra Patria si alzerà al di sopra! / Siamo così fortunati ad avere uno zar / E tutta la sua famiglia / Il popolo reclama / Annegando nella prosperità!». Sentire questo quando tu arrabattavi del cibo tra uno spettacolo e l’altro facendo sacrifici perchè tutti i proventi del regno andavano allo Zar e alla sua famiglia, è drammaticamente spaventoso.
Il secondo fattore è invece la capacità di McConnel di presentare entrambe le facce della realtà. Il brano di prima e questa assurda canzone per bambini sono due facce dello stesso brano. Stessa melodia, stessa armonia, stesso inno. Solo che uno è il punto di vista distorto del proprietario del cervello, che inneggia a una potenza perduta e che si è convinto di essere una vittima di guerra andando a ricreare nel suo cervello una realtà di sofferenza e odio nei confronti di quella terra occidentale e dei suoi psiconauti. E l’altra invece è la realtà oggettiva.
Un brano che si apre con un lapidario DO grave suonato al pianoforte che inquadra subito la chiave di lettura del pezzo. Un brano che affida la melodia ad un cupo violoncello e una voce baritonale che richiama i famosissimi e bellissimi cori maschili russi. Un brano che si affida alla scala balcanica Jewish (DO REb MI FA SOL LAb SIb DO) che risulta dannatamente vera. Un brano che si costruisce intorno alla mutazione dello stesso accordo da maggiore a minore, l’accordo di FA, che dona un senso di finta staticità e che richiama la calma di un folle. Un brano che racconta le conseguenze drammatiche della guerra. Un ragazzo che si vede spazzar via la famiglia, le ricchezze, il potere e che si difende ricreando una nuova realtà dove il nemico è solo all’esterno, dove il suo regno era un luogo fatato, dove tutti erano felici e nessuna soffriva. Un uomo ormai accecato dalla paura di sentirsi di nuovo solo e fragile e disposto a tutto pur di vincere.
Un poveretto a cui è mancato un po’ di amore.