Titolo: Cohen’s Masterpiece
Di: Garry Schyman
Tratto da: I am Rapture, Rapture is me (purtroppo non disponibile ne su Spotify ne su Apple Music)
Se avete giocato Bioshock non potete non ricordarvi di questo brano totalmente estraneo a tutto ciò che possiamo ricondurre al termine “colonna sonora”. In mezzo ad una serie di brani dissonanti, claustrofobia, creati per incutere timore e per narrare la scricchiolante e sottomarina Rapture, Cohen’s Masterpiece è uno squarcio sulla grandezza ormai perduta del sogno distopico di Andrew Ryan.
Cohen’s masterpiece, il capolavoro di Cohen… ma chi è questo Cohen.
Musicista, regista, artista, poeta, scrittore… Sander Cohen è tanto un’artista quanto l’arte stessa di Rapture. Un uomo disceso nella città sottomarina per esplorare il mondo creativo nascosto nel suo animo e divenuto così potente da ricevere la giurisdizione di una parte della città. Un uomo passionale, perdutamente innamorato di Andrew Ryan e profondamente convinto di essere migliore di tutti gli altri.
Cohen è un folle con mania di grandezza, un artista notevole che si eleva a genio e che vede tutto ciò che lo circonda come un suo possibile oggetto d’arte.
Un pazzo omicida megalomane con un tema musicale pretenzioso come lui e dannatamente perfetto.
Ma andiamo con ordine.
Mi dissero che il personaggio si chiamava Sander Cohen ed era tipo un killer psicopatico che si credeva un artista e un musicista. Ho pensato che potrebbe essere una sorta di Rachmaninoff, potrebbe essere una sorta del genere e questa fu la mia ispirazione.
Queste le parole di Gary Schymann e questo il nostro punto di partenza: c’è davvero Rachmaninov dentro a questo pezzo??
Sergej Rachmaninov visse tra il 1873 ed il 1943 e fu uno dei pianisti e compositori russi più famosi dell’epoca. È considerato l’ultimo dei romantici proprio perché la sua musica prende a piene mani dalla tradizione romantica (vedi Chopin, Schubert, Listz ecc ecc ) e si pone in continuità con quella di Tchaikovsky.
Ecco, Cohen’s masterpiece può essere definito tardo romantico? Si. Assolutamente si. Questo brano è emozione pura, incontrollata, travolgente.
Ma al di là dello stile e della scrittura, e del fatto che ci dice quanto sia sul pezzo Shymann come compositore, questo brano cosa e come ci racconta di Sander Coehn?
Partiamo dal virtuosismo.
Questo pezzo è difficile. Difficile al punto che Schymann lo mandò al pianista diversi giorni prima della registrazione, differentemente dalla pratica consueta che vede tempistiche molto più ristrette. Il virtuosismo di questo brano però non è decorativo, è onnipresente e diviene a tutti gli effetti una possibile manifestazione della follia di Cohen e questa mia tesi, questa mia ipotesi, acquista valore se analizziamo il gesto virtuosistico rappresentato da velocissimi arpeggi in sestine e quintine affidate alternativamente o contemporaneamente a entrambe le mani. Questi arpeggi sono incessanti e ripetitivi nella loro gestualità così come ripetitiva è la follia. E quando questa ripetizione arriva ad essere insostenibile ecco che si scatena la rabbia.
Accordi in terzine alternati tra mano destra e sinistra con un disegno melodico discendente suonati fortissimo… una vera e propria manifestazione di rabbia e nervi che, a mio parere, diviene chiarissima se si guarda la scansione ritmica e la gestualità pianistica. È anche questo un movimento nevrotico che non lascia respiro che per la violenza del gesto irrigidisce le mani e crea tensione nel pianista; e nevrotico è anche l’impianto armonico che si distacca da do minore per muoversi verso la dominante (sol maggiore) che però diviene a sua volta minore sottolineando ancora una volta l’instabilità mentale del nostro artista da strapazzo.
E dopo che la rabbia si scatena ecco una apparente calma prendere il sopravvento. Il nervosismo rimane ma è più acuto con la messa in primo piano della melodia… è la trasposizione in musica del sospiro del serial killer dopo la violenza del gesto omicida. È il momento del possibile rimpianto, della distensione dei muscoli, della presa di coscienza… che però qui svanisce subito e musicalmente si perde nella zona più acuta del pianoforte con un SI acutissimo quasi impercettibile perché suonato pianissimo… e si ripiomba poi, nuovamente, nella follia.
La forma bipartita del brano e il suo oscillare tra il pianissimo e il fortissimo sono i secondi due punti che traspongono musicalmente Sander Cohen.
Questo brano è Sander Cohen.
Un uomo deviato, impaurito e a tratti schizofrenico che ha confuso la violenza per una forma d’arte e che diviene lui stesso l’opera più grande e veritiera di Rapture, la sua creatura più spaventosamente sincera.